Lettera della SIF

ANNO IV N.16 Settembre 2001


Periodico della Società  Italiana di Farmacologia - fondata nel 1939
Riconosciuta con D.M. del MURST del 02/01/1996
Iscritta Tribunale di Milano N. 1489 Vol. 62 pag. 459
C.F.: 97053420150 - P.I.: 11453180157

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SOMMARIO

 
Dal Consiglio Direttivo
La Nostra Ricerca
(a cura di Ennio Ongini)
Questa volta vi segnaliamo
Congressi e Corsi di Farmacologia

 

 

Dal Consiglio Direttivo
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Il “caso cerivastatina” scoppiato in agosto ha fatto emergere in maniera clamorosa il tema della sicurezza dei farmaci. La SIF è intervenuta nel dibattito con un documento a firma dei Presidenti del Consiglio Direttivo in carica negli ultimi 15 anni. Ne pubblichiamo il testo.

La sicurezza dei farmaci: garanzie e limiti

Il clamore mediatico della vicenda cerivastatina ha ingenerato nel pubblico preoccupazioni e ansia in relazione non solo al farmaco in questione, ma anche agli altri del gruppo di cui fa parte (le statine) ed insicurezza verso i farmaci in genere. Per tali motivi la Società Italiana di Farmacologia ritiene utile qualche sobria riflessione.

Nessun farmaco causa un unico e specifico effetto. I farmaci sono selettivi piuttosto che specifici e la selettività viene valutata in effetti utili e terapeutici ed effetti sfavorevoli.

La commercializzazione di un nuovo farmaco è attualmente preceduta da ricerche in vitro, farmacotossicologiche sull’animale ed indagini rigorosamente controllate sull’uomo sano (fase I) e malato (fase II e III) (con costi fino a 300 miliardi di lire) che garantiscono l’individuazione delle reazioni indesiderate al farmaco che compaiono con una frequenza superiore a 1 su 1000 somministrazioni e queste vengono riportate nel foglietto illustrativo e nella scheda tecnica. E’ dopo la commercializzazione (fase IV) che da diecine di migliaia di persone (30-40.000 e più) trattate con il farmaco può aversi la quasi assoluta certezza di cogliere una azione sfavorevole imprevista (di regola le più pericolose) che abbia una frequenza di circa 1 su 10.000 assuntori del medicamento. Azioni sfavorevoli di un farmaco con così bassa incidenza o con lunga latenza non possono esser messe in evidenza prima di alcuni anni di commercializzazione, a prescindere dall’accuratezza con cui gli studi di fase II e III siano stati condotti. Inoltre, data la molteplicità dei fattori interferenti, è spesso assai difficile stabilire con certezza un rapporto causa-effetto fra farmaco e reazioni sfavorevoli.

Di qui l’importanza della farmacovigilanza dopo l’introduzione sul mercato di un farmaco, quando la somministrazione avviene in un contesto notevolmente diverso dalle indagini cliniche controllate, per contemporaneo uso di altri farmaci (anche di autoprescrizione) o prodotti erbali, presenza di patologie complesse e multiple, fasce di età a rischio che possono tutte influenzare la reattività al farmaco.

Le prime indicazioni di azioni sfavorevoli dopo la commercializzazione sono di regola costituite da segnalazioni di casi clinici. Centrale è dunque la figura del medico: impegnato nel momento prescrittivo (deve conoscere del farmaco indicazioni terapeutiche, azioni indesiderate, sfavorevoli, controindicazioni, interazioni - talune assai pericolose - con altri farmaci o prodotti erbali, limitazioni d’uso), lo è altrettanto nel rilievo delle azioni sfavorevoli, siano quelle già segnalate nel foglietto illustrativo (periodicamente aggiornato) o già note per il gruppo cui il farmaco appartiene ovvero rappresentino un evento imprevisto e/o ignoto.

I casi anche mortali rilevati con la cerivastatina in quale delle due categorie rientrano? Di certo nelle azioni indesiderate note e riportate nei foglietti illustrativi e nei testi di farmacologia per le statine; il danno muscolare, dalle mialgie alla rabdomiolisi e successiva lesione renale, sono da tempo noti come comuni con bassissima frequenza per tutti gli antidislipidemici inibitori della riduttasi (le statine) così come è nota la pericolosità di associazioni di queste con i fibrati (es. gemfibrozil: associazione responsabile del maggior numero di decessi), con la ciclosporina, antifungini (es. itraconazolo), eritromicina etc.

Le preparazioni erbali, che devono la loro attività ai principi attivi in esse contenute, possono provocare serie azioni sfavorevoli anche per interazioni con farmaci contemporaneamente somministrati. Ogni paziente dovrebbe segnalare al proprio medico eventuali preparazioni erbali assunte contemporaneamente a farmaci così come il medico dovrebbe sempre chiedere al paziente se utilizza tali sostanze in associazione con medicamenti.

Da tutto ciò ne consegue la necessità di una buona preparazione dei medici in farmacologia dando a questa disciplina adeguato spazio sia nella formazione universitaria che a livello dei corsi post-universitari e dei nuovi programmi ministeriali di educazione permanente che dovrebbero trovare piena collaborazione tra i farmacologi e le organizzazioni mediche che saranno preposte. Il medico dovrà esser sempre più preparato a riconoscere e motivato nel segnalare quelle che ritiene azioni indesiderate o sfavorevoli dei farmaci; per alcuni Paesi, come Francia, Norvegia, Spagna ed anche l’Italia ve ne è l’obbligo, mal rispettato. Potranno essere anche in futuro opportunamente contrassegnati dall’Autorità sanitaria centrale i farmaci per i quali si desidera specifico monitoraggio. I Servizi di Farmacologia ospedaliera, che ci si augura vengano diffusi nel nostro Paese, potranno utilmente contribuire, come in altri Paesi (es. Francia), ad una buona farmacovigilanza sul piano regionale. Una buona farmacovigilanza potrà fare anche emergere, per un nuovo costituente di un gruppo di farmaci (es. cerivastatina rispetto ad altre statine), una eventuale maggiore incidenza di una azione sfavorevole peraltro tipica del gruppo. Infine il pubblico, di fronte a segnalazioni anche di presunte morti da farmaco che di certo toccano emotivamente, deve considerarle in rapporto al numero di pazienti che hanno assunto quel farmaco.

Le 63 azioni sfavorevoli segnalate in Italia al Ministero della Salute per la cerivastatina dal 1998 su 400.000 trattati rappresentano lo 0,015%; va, inoltre, sempre tenuto presente il bilancio fra efficacia terapeutica (beneficio) con la possibilità di effetti collaterali (rischio). Per i farmaci antinfiammatori non steroidei, ad esempio, l’incidenza di mortalità animale per emorragie digestive è di circa 50-155 per 100.000 soggetti trattati. Si aboliranno per questo i farmaci antinfiammatori non steroidei? Certamente no, come non si possono eliminare le statine che hanno ridotto nettamente la mortalità per malattia coronarica diminuendo anche l’incidenza di ictus cerebrale e sono in corso di esame per la terapia dell’Alzheimer e dell’osteoporosi.

Un impegno collettivo ad una più ponderata presentazione dei problemi riguardanti i medicinali, la sicurezza conferita dall’esame attento delle caratteristiche di un farmaco prima della commercializzazione ed una potenziata attitudine della classe medica alla farmacovigilanza dovrebbero essere motivo di tranquillità per i cittadini che dovrebbero rendersi conto dei vantaggi di vivere in un’epoca in cui, grazie a farmaci con favorevole rapporto benefici/rischi, tante malattie sono state debellate ed altre lo saranno in un prossimo futuro.

Società Italiana di Farmacologia

Il Presidente: Prof. Vincenzo Cuomo

I Past President: Prof. Giancarlo Pepeu (1995-1999); Prof. Paolo Preziosi (1990-1995); Prof. Rodolfo Paoletti (1986-1990)

 

La Nostra Ricerca (a cura di Ennio Ongini)
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In Italia ci sono gruppi di ricerca che ottengono risultati di alta qualità, riconosciuti a livello internazionale.  Con questa rubrica vogliamo portare all’attenzione alcuni esempi rappresentativi, prendendo spunto da pubblicazioni recenti.

 

“Dall’Università”

 

C. Zuccato, A. Ciammola, D. Rigamonti, B.R. Leavitt, D. Goffredo, L. Conti, M.E. MacDonald, R.M. Friedlander, V. Silani, M.R. Hayden, T. Timmusk, S. Sipione and E. Cattaneo. Loss of huntingtin-mediated BDNF gene transcription in Huntington’s disease. Science, 2001, 293:493-498

Ne parliamo con la Prof. Elena Cattaneo del Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Facoltà di Farmacia, Università di Milano.

Il risultato più importante di questo studio

Lo studio ha due risultati, da una parte la dimostrazione della funzione normale dell' huntingtina, la proteina coinvolta nella Corea di Huntington, dall'altra, l'indicazione che la malattia si verifica per una perdita di funzione proprio dell'huntingtina normale.

La Corea di Huntington è una patologia neurodegenerativa causata da una espansione di nucleotidi CAG nel gene per l'huntingtina, con conseguente morte dei neuroni dello striato. Le ricerche, condotte successivamente al 1993, anno in cui il gene-malattia e' stato identificato, indicavano che la malattia è causata da una funzione tossica, acquisita, della proteina huntingtina mutata. Tuttavia, nonostante i risultati importanti emersi, non era ancora chiaro in cosa consistesse questa acquisita tossicità, ne' come essa potesse provocare la morte selettiva dei neuroni striatali.

Noi ipotizzavamo che, oltre al meccanismo descritto, potesse entrare in gioco anche l'huntingtina normale. La nostra ipotesi infatti si basava sulla considerazione che l'huntingtina normale potesse avere funzioni critiche per i neuroni, soprattutto dello striato, e che la sua perdita di attivita', causata dalla mutazione, portasse alla loro morte selettiva.

Abbiamo cosi' dimostrato che l'huntigtina normale e' una proteina cruciale per i neuroni in quanto regola la produzione di un importante fattore neurotrofico, il Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF), essenziale per lo sviluppo e la sopravvivenza dei neuroni striatali.

Il BDNF aveva attratto la nostra attenzione perche', pur essendo importante per i neuroni striatali, non è prodotto nello striato, bensi' dalla corteccia e giunge in striato mediante trasporto anterogrado lungo le fibre cortico-striatali. Era dunque possibile che una disfuzione nella produzione o nel flusso di BDNF dalla corteccia allo striato potesse rendere i neuroni striatali vulnerabili. Abbiamo cosi' osservato che, in vivo, la produzione di BDNF in corteccia e' favorita dalla presenza di huntingtina normale che, tra l'altro, si trova molto piu' espressa in quest'area rispetto allo striato. Al contrario, la proteina mutata non e' in grado di stimolare la produzione di BDNF. Questo risultato e' stato ottenuto sia in topi transgenici che in reperti autoptici da pazienti Huntington.

Queste evidenze dimostrano chiaramente che la Malattia di Huntington e' caratterizzata da una disfunzione corticale (ridotta produzione di BDNF), causata dalla perdita di funzione dell'huntingtina normale.

Il percorso che avete fatto è notevole e con interessanti risultati ottenuti cammin facendo

Siamo partiti sviluppando un sistema in vitro costituito da cellule striatali immortalizzate esprimenti l'huntingtina normale o mutata. Dopo anni trascorsi a creare queste cellule, finalmente i primi risultati, che indicavano come l'huntingtina normale fosse in grado di proteggere le cellule da stimoli neurotossici. Viceversa la proteina mutata si comportava da forte induttore di morte cellulare.

La nostra idea che l'huntingtina normale fosse una proteina critica per le cellule neuronali si faceva sempre piu' consistente. Tuttavia, non sapevamo ancora spiegare se e come, la perdita di questo effetto benefico dell'huntingtina normale, nella malattia, potesse generare la morte selettiva dei neuroni striatali.

Abbiamo quindi focalizzato la nostra attenzione verso la ricerca di funzioni dell’huntingtina che fossero striato-specifiche. Consapevoli del ruolo fondamentale delle neurotrofine, e soprattutto del BDNF, per i neuroni striatali, abbiamo dapprima studiato se la produzione di fattori neurotrofici fosse modulata diversamente dalla presenza di huntingtina normale e mutata. E gli anni spesi a creare linee cellulari hanno dato i loro frutti. I primi risultati interessanti sulla modulazione trascrizionale huntingtina-mediata del BDNF sono proprio stati ottenuti in queste cellule ingegnerizzate, con la possibilita' di effettuare un gran numero di esperimenti biochimici e molecolari volti a caratterizzare produzione del BDNF e attivita' del suo promotore. In seguito, i risultati sono stati confermati in vivo, nel topo transgenico e nell’uomo.

Nei lavori ci sono collaborazioni internazionali. Puoi illustrarne il significato

Devo dire, per dare giusto credito alle persone che hanno avuto un ruolo cosi' cruciale nel lavoro come Chiara Zuccato, Andrea Ciammola e Dorotea Rigamonti, che sia l’idea che la parte sperimentale sono frutto di una attivita' di ricerca svolta interamente nel nostro Dipartimento. Importantissima é stata comunque la collaborazione con altri gruppi che si occupano di Huntington e che, come il nostro, fanno parte di una "Coalizione Internazionale per la Ricerca e Cura della Malattia di Huntington" fondata dalla Huntington’s Disease Society of America (HDSA) nel 1995. Oggi questa Coalizione raccoglie dodici fra i gruppi che nel mondo si occupano di Corea di Huntington e l’esserne parte, sin dalla sua nascita, ci rende molto orgogliosi. Da questa Fondazione derivano molti dei nostri finanziamenti, oltre che dalla Hereditary Disease Foundation (USA), il Telethon e il MURST.

Risultati così interessanti sono anche il frutto di un buon gioco di squadra. Ne puoi parlare

Tutti noi in laboratorio viviamo ogni giorno la fortuna di essere parte di un gruppo di lavoro, nel Dipartimento e in ambito nazionale e internazionale, composto da ricercatori eccezionali che condividono la passione per la ricerca e il desiderio di capire e curare questa malattia. Ciascuno e' mosso da forti motivazioni e curiosita' scientifica, oltre che dalla consapevolezza dei benefici che i malati possono trarre da queste ricerche. La Corea e' una malattia terribile, per le sue caratteristiche genetiche, la sua comparsa in giovane eta' e il suo decorso inesorabile, che porta gli individui alla morte dopo circa 15-20 anni dall'esordio. In questo ambito, la collaborazione con altri gruppi esteri che studiano la Malattia di Huntington, si é rilevata cruciale per la disponibilità di tessuti da animali transgenici e campioni umani autoptici.

La malattia di Huntington è un vero dramma e non ci sono terapie significative all'orizzonte. Quali ricadute terapeutiche si possono ipotizzare dai vostri risultati ?

Si, la Corea e' un vero dramma. Ma le speranze sono elevate. Essendo una malattia genetica, ed avendo identificato il gene-malattia, penso che la ricerca debba necessariamente procedere piu' celermente e arrivare ad una cura in tempi rapidi. Non a caso, il National Institutes for Health (NIH) ha recentemente definito la Corea di Huntington "malattia modello" tra le malattie neurodegenerative. Quello che si scopre per la Corea si pensa possa essere utile anche per capire malattie complesse come l'Alzheimer o il Parkinson, le cui cause restano ancora ignote.

In particolare, crediamo che il nostro studio apra diversi e nuovi approcci alla malattia. Primo fra tutti la somministrazione di BDNF: sono gia' in corso esperimenti sul modello animale di patologia e se i risultati saranno promettenti si penserà di estenderli all’uomo.

Soprattutto, il nostro lavoro indica una nuova strategia di sviluppo di farmaci anti-Huntington: non tanto (o non solo) farmaci in grado di contrastare l'azione tossica acquisita dalla proteina mutata, bensi' anche farmaci in grado di ripristinare la funzione dell'huntingtina normale andata perduta. E abbiamo gia' dei risultati. Il lavoro pubblicato infatti identificava una porzione del promotore del BDNF sul quale si esplica l'azione di stimolo da parte dell'huntingtina normale. E ora abbiamo gia' identificato la sequenza minima. L'idea e' dunque di sviluppare sistemi per valutare l'effetto di farmaci proprio su questa sequenza, con l'obiettivo di identificare molecole che funzionino da "surrogati" di huntingtina normale.

 

 

“Dall’Industria”

 

C’é il luogo comune che in Italia si faccia poca ricerca farmaceutica. In parte é vero, soprattutto se ci si confronta con i Paesi di riferimento; tuttavia, ci sono realtà interessanti, dove laureati in discipline biomediche fanno ricerca di primo livello. Con questo breve resoconto vogliamo segnalare un esempio significativo.

 

NEWRON

 

La Newron nasce attraverso un processo di management buy-out del gruppo di ricerche sul Sistema Nervoso Centrale (SNC) della Pharmacia & Upjohn (PNU) di Nerviano. Nel 1998, a seguito di un piano di ristrutturazione a livello mondiale, PNU decide di chiudere una parte del Centro di Ricerche Italiano per trasferire la ricerca sul SNC nella sede americana (Kalamazoo). Un gruppo di manager decide allora di realizzare un progetto in Italia con l’intento di valorizzare i risultati e le competenze professionali presenti. Si ottiene un primo successo ricevendo l’approvazione e il supporto di PNU con la cessione di importanti brevetti, oltre che di apparecchiature scientifiche. Nasce così Newron Pharmaceuticals s.r.l nel Dicembre del 1998, poi divenuta SpA. Il progetto però decolla solo nel marzo 1999 dopo l’ingresso di un socio investitore: la società di venture capital inglese “3i plc”, che investendo in Newron circa 14 miliardi di lire acquisisce il 43% del suo capitale.

Ne parliamo con il Dr. Luca Benatti, amministratore delegato di Newron.

Quali sono le strutture che avete a disposizione?

La Società dispone di un’unica sede operativa e legale a Gerenzano (VA), all’interno del Campus di Ricerche di Biosearch Italia. Qui ci sono spazi per i laboratori ed una serie di infrastrutture e servizi comuni. Più precisamente:

Laboratorio di Biochimica: si svolgono determinazioni in vitro e/o ex vivo dei parametri biochimici, che costituiscono i test di screening e di meccanismo d’azione dei composti afferenti ai vari progetti di ricerca. Il laboratorio è strutturato in modo tale da permettere anche l’utilizzo di materiale radioattivo. Laboratorio di Biologia Cellulare: si studiano colture cellulari primarie, caratterizzazioni immunocitochimiche, tipizzazione mediante tecniche di “imaging”. Laboratorio di Farmacologia: si preparano modelli in vivo, con tecniche di microchirurgia, per lo studio di patologie di interesse quali epilessia, Parkinson, Alzheimer, vasculopatie cerebrali, dolore. E’ dotato di apparecchiature per rilevazioni di tipo comportamentale e di strumentazione per studi morfologici, relativi alle tecniche istologiche ed immunoistochimiche. Laboratorio di Elettrofisiologia: si svolgono rilevazioni elettrofisiologiche in vitro in colture cellulari e oociti isolati di Xenopus. E’ dotato del set-up appropriato per la registrazione di correnti ioniche in condizioni di “patch clamp” e “current clamp”.

Gli altri servizi sono principalmente messi a disposizione dal Campus e comprendono la biblioteca, banche dati, impianto di trattamento delle acque reflue, sicurezza e igiene ambientale, mensa, infermeria, stabulario centralizzato per la quarantena degli animali, etc.

Fa parte di Newron, inoltre, un gruppo che segue la sperimentazione clinica dei propri progetti/prodotti. Al momento attuale le attività di chimica, tossicologia, farmacocinetica e galenica sono svolte da Società esterne.

Su quali progetti state lavorando?

Newron ha la proprietà intellettuale di numerose molecole con potenziale terapeutico per il trattamento dell’epilessia, della malattia di Parkinson e del dolore. In particolare una molecola, safinamide (NW-1015), è stata caratterizzata come un potente bloccante dei canali del sodio che associa una attività selettiva MAO-B inibente. Le attività di Newron in questi due anni si sono in buona parte concentrate nel portare questa molecola dalle fasi di ricerca di laboratorio alla sperimentazione nell’uomo. In tal senso sono stati raggiunti importanti risultati se si considera la recente costituzione di Newron: infatti per la safinamide si è iniziata in Europa la sperimentazione clinica di Fase II per due indicazioni terapeutiche, epilessia e Parkinson.

Recentemente, abbiamo ottenuto altri importanti risultati, in particolare nell’area dolore. E’ stata selezionata una molecola, NW-1029, con specifica attività inibente le correnti di sodio resistenti alla tetradotossina e che ha dimostrato una potente attività antiiperalgesica per via orale in modelli di dolore neuropatico (modello del chronic constriction injury nel ratto) ed infiammatorio. L’attività antidolorifica si instaura velocemente ed ha lunga durata. NW-1029 è stato di recente selezionato per lo sviluppo preclinico e con possibilità di iniziare i primi studi nell’uomo nel primo trimestre del 2002.

Newron ha inoltre recentemente attivato due progetti nel campo della neurodegenerazione cronica, mirati all’identificazione di nuovi farmaci neuroprotettivi. In particolare, un progetto nell’area della patologia di Alzheimer viene svolto in collaborazione con Biosearch Italia, che è dotata delle strutture per eseguire High Throughput Screening (HTS) ed è proprietaria di una vasta biblioteca di prodotti naturali. Da questo e da altri progetti in via di definizione Newron conta di poter identificare nuove molecole da portare alla sperimentazione clinica accrescendo così il valore della Società e le sue potenzialità.

Avete attivato collaborazioni con Università e centri esterni?

Newron è ancora una piccola Società di Ricerca e Sviluppo di farmaci e, malgrado le sue potenzialità, è cosciente che solo unintensa attività che preveda collaborazioni scientifiche e alleanze strategiche le potrà garantire una crescita futura in un ambiente così competitivo come quello del settore farmaceutico e della biotecnologia. Il modello di business di Newron prevede infatti la creazione sia di un ampio network di collaborazioni con centri di ricerca pubblici che di alleanze strategiche con altre biotech companies disposte a unire risorse e competenze e a condividere il rischio su progetti comuni. In tal senso la Società ha già attivato importanti collaborazioni con le Università di Perugia, Firenze, Genova e Napoli.

Quali strategie per il futuro?

Dal punto di vista finanziario la Società ha ottenuto l’approvazione da parte del MURST di una richiesta di finanziamento relativo alla Legge 451. Il finanziamento coprirà con una quota a fondo perduto parte delle attività della Società per un periodo di 3 anni. Si tratta di una sovvenzione importante per favorire la crescita di Newron. Tuttavia, piccole società come Newron devono fare affidamento su altre fonti di finanziamento, tipo venture capital, per poter far fronte con un certo grado di pianificazione allo sviluppo delle proprie attività. A tale proposito stiamo lavorando per arrivare alla quotazione in borsa che è pianificata in un periodo da definire, tra il 2002 ed il 2003.

Nel breve-medio periodo Newron conta di proseguire lo sviluppo clinico di Fase II di safinamide sia per l’indicazione Parkinson che epilessia. Con l’ottenimento dei risultati di efficacia preliminare, Newron intende cedere i diritti di sviluppo e commercializzazione di safinamide a uno o più partner industriali con le opportune risorse per proseguire nello sviluppo clinico e soprattutto che possiedano una rete di vendita attrezzata e competitiva a livello mondiale. La cessione in licenza di safinamide consentirà a Newron di ottenere ricavi sia nella forma di pagamenti alle varie tappe di sviluppo nonché di royalties sulle vendite. Alcuni gruppi farmaceutici hanno già mostrato il loro interesse in safinamide ma al momento la Società intende proseguire con le proprie risorse cercando di ottenere dall’investimento fatto il massimo del profitto possibile.

Come descritto in precedenza, la Società ha un altro importante composto, NW-1029, in sviluppo preclinico per l’indicazione dolore neuropatico, che conta di portare alla Fase I di sviluppo clinico nel corso del primo trimestre 2002. In aggiunta, altri prodotti e progetti in fasi di ricerca più precoce offrono già delle prospettive interessanti e consentiranno alla Newron di crescere e consolidarsi con una propria pipeline di prodotti in clinica.

 

Notizie dall'Università (a cura di Francesco Rossi)
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Corso di Laurea di I livello in Informazione Scientifica sul Farmaco

Organizzato congiuntamente dalle Facoltà di Farmacia e di Medicina e Chirurgia e istituito presso l'Università di Pisa, il corso si propone di preparare una figura professionale capace di svolgere l'attività di operatore per l'informazione scientifica sui farmaci, sui presidi medico-chirurgici, sui prodotti per la diagnostica e sui prodotti dietetici. E' inoltre prevista una specifica preparazione nell'ambito della farmacovigilanza e della farmacoeconomia per promuovere un corretto uso dei farmaci, anche in riferimento all'esigenza di razionalizzare i relativi consumi.

Per il conseguimento della laurea gli studenti dovranno sostenere 18 esami e partecipare a una serie di attività formative per le quali non è previsto l'esame, ma solo l'obbligo di frequenza.

Al termine del secondo anno di corso gli studenti potranno scegliere tra due curricula, uno Farmaceutico-Tecnologico e uno Terapeutico-Clinico. Per ambedue i curricula è comunque previsto un periodo di tirocinio da svolgere presso aziende farmaceutiche con le quali verranno attivate opportune convenzioni.

Prove di ammissione ai Corsi di Laurea

Si sono tenute negli Atenei italiani le prove di ammissione ai Corsi di Laurea a numero programmato. In particolare in data 5 settembre per il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, in data 6 settembre per il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, in data 7 settembre 2001 per il Corso di Laurea in Medicina Veterinaria e in data 11 settembre per i Diplomi Universitari afferenti alla Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Concorsi Universitari

Sono state bandite le seguenti procedure di valutazioni comparative per personale docente e ricercatore (III sessione 2001) :

Settore BIO-14 Farmacologia: n. 6 posti di Ricercatore (Università di Ancona, Bari, Messina e Napoli Federico II);

n. 1 posto di Professore Associato (Università di Salerno); n. 2 posti di Professore Ordinario (Università di Parma e Pisa).

Settore VET/07 Farmacologia e Tossicologia Veterinaria: n. 1 posto di Professore Associato (Università di Bari).

 
Farmacologia Clinica (a cura di Mario del Tacca)
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Elezione del coordinatore e del segretario. Programma di attività

Il 12 luglio scorso si è riunito a Roma il Comitato della Sezione di Farmacologia clinica che ha proceduto all’elezione del coordinatore e del segretario. Sono risultati eletti all’unanimità Mario Del Tacca (coordinatore) e Pierangelo Geppetti (segretario). Con l’occasione sono state programmate le prossime attività della Sezione clinica che sono qui brevemente riassunte.

Numero degli iscritti

Allo scopo di aumentare il numero di iscritti alla Sezione, sarà inviato a tutti i soci iscritti alla SIF un questionario, inteso a stimolare l’interesse e l’adesione alla Sezione, semplificando il più possibile le procedure.

PSADE

Nella precedente gestione, la Sezione clinica, unitamente all’Istituto Superiore di Sanità, e col sostegno di Astra Zeneca, ha coordinato il progetto PSADE che ha coinvolto 23 Servizi di Pronto Soccorso e 116 medici, compresi gli specializzandi in Farmacologia e Tossicologia Medica. I risultati emersi dallo studio saranno presentati il prossimo novembre a Napoli, al Congresso su Pronto Soccorso e Rianimazione. In quella occasione sarà progettata la continuazione del Progetto che ha dimostrato una percentuale molto significativa (9-10%) di eventi avversi indotti da farmaci che hanno richiesto ospedalizzazione, nonché di fallimenti terapeutici causa essi stessi di numerosi ricoveri.

Sito Internet di Farmacovigilanza

Nato in collaborazione con Crinos e più recentemente sostenuto dalla Fondazione Ferro, il sito ha conquistato larga considerazione e interesse per l’opera instancabile del Prof. Caputi. In occasione delle recenti vicende sulla tossicità di cerivastatina, il sito è stato oggetto di numerosissimi accessi che hanno permesso agli iscritti e ai medici italiani e stranieri di acquisire informazioni sui dati aggiornati di farmacovigilanza. Anche per la tossicità di cisapride si sta provvedendo a un aggiornamento dei dati di farmacovigilanza sulle disfunzioni cardiache indotte dal farmaco.

Sperimentazione clinica in medicina generale

La Sezione clinica ha discusso i contenuti del D.M. 10 maggio 2001 “Sperimentazione clinica controllata in medicina generale ed in pediatria di libera scelta” riconoscendo l’interesse per questa nuova figura di medico di medicina generale che dal prossimo dicembre potrà sperimentare farmaci in fase III e IV.

Si ritiene opportuno che i farmacologi clinici partecipino all’organizzazione di corsi intensivi di formazione per i medici di famiglia che non sono preparati alle responsabilità collegate alla sperimentazione clinica dei farmaci.

Direttiva europea sulla sperimentazione clinica

La Direttiva, emanata nel maggio 2001, dovrà essere applicata dall’Italia allo scopo di equiparare le procedure dei Comitati etici e degli sperimentatori nei paesi europei. Al fine di diffondere la conoscenza delle nuove disposizioni, il documento sarà oggetto di una giornata di studio, organizzata da SIF, SSFA e SIFO a Roma il 24 ottobre prossimo presso l’Istituto Superiore di Sanità.

Collaborazione con le Regioni

La vicenda cerivastatina ha spinto le Regioni ad affrontare il problema della sicurezza dell’uso dei farmaci tenendo conto che formazione, ricerca scientifica, norme per la prescrizione dei farmaci, informazione al medico e ai pazienti e farmacovigilanza sono tutti aspetti dello stesso problema.

Gli assessorati alla sanità stanno procedendo a istituzionalizzare con forme giuridiche opportune (Agenzie o altro) una sorta di Dipartimento del farmaco, dotato di fondi autonomi, che riunisca e renda produttive le competenze esistenti. La Sezione clinica seguirà da vicino le iniziative regionali e collaborerà con le regioni stesse al fine di diffondere la cultura e la metodologia della farmacovigilanza.

Educazione medica continua

Completata la fase sperimentale dell’educazione medica continua, la Sezione clinica seguirà da vicino le proposte del Ministero della Sanità, valutando le iniziative da adottare. Peraltro l’educazione medica continua è fortemente collegata all’esigenza di un’attività di farmacovigilanza regionale e nazionale che deve ora essere opportunamente organizzata e diffusa.

Errata corrige. Nella Lettera della SIF n. 15, pag. 3, nella sezione "Farmacologia Clinica", riga 9, si parla di EPHAR, mentre l'associazione europea delle Società di Farmacologia Clinica è la EACPT (European Association of Clinical Pharmacology and Therapeutics). Ci scusiamo per l’errore.

 

In Breve
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Questa volta vi segnaliamo
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Programmazione del Sistema Universitario per il triennio 2001-2003 - Internazionalizzazione

di Maria Cristina Fioretti 

Preside, Facoltà di Farmacia, Università di Perugia 

 

Già nella programmazione del triennio precedente (dicembre 1999) era stata prevista dal MURST la voce “Internazionalizzazione”. Il vasto consenso riscosso dalla proposta ha indotto il Ministero a ripresentare l’iniziativa, potenziandone gli aspetti. A fine luglio il Direttore Generale Dott. Masia ha diramato una nota (vedi sito: www.interlink.murst.it) per fare conoscere le nuove linee ministeriali attraverso cui si articolano le azioni di internazionalizzazione delle Università, cofinanziate dal Ministero per promuovere la qualità dell’offerta formativa (corso di laurea, laurea specialistica, dottorato) attribuendogli una valenza internazionale. Nella nota sono riportate tutte le notizie necessarie sulle modalità di elaborazione dei progetti che devono essere presentati dai vari Atenei. Si richiama l’attenzione sulla rilevanza dell’iniziativa invitando gli interessati ad attivarsi con tempestività, dati i tempi tecnici necessari per l’istruzione della pratica che coinvolge partners stranieri.

 

Congressi e Corsi di Farmacologia
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SIF - Società Italiana di Farmacologia

CONSIGLIO DIRETTIVO

Presidente: Vincenzo Cuomo

Consiglieri: Pier Luigi Canonico, Michele Carruba, Walter Fratta, Giovanni Gaviraghi, Mario Marchi, Carlo Riccardi, Gennaro Schettini.

Segretario: Alessandro Mugelli

Past President: Giancarlo Pepeu

Sede del Segretario:

Dip. Farmacologia - Viale Pieraccini 6, 50139 FIRENZE
Tel: (055) 4271264 - Fax: (055) 4271265/80
E-mail: mugelli@pharm.unifi.it

Segreteria Organizzativa:
Viale Abruzzi 32, 20131 Milano
Tel: (02) 29520311/29513303 - Fax: (02) 29520179
E-mail: sifcese@comm2000.it

Comitato di redazione: Vincenzo Cuomo, Alessandro Mugelli, Francesco Rossi

 

Direttore responsabile: Ennio Ongini

E-mail: ongini@nicox.com