Lettera della SIF

Anno IV N.19 Giugno 2002


Periodico della Società Italiana di Farmacologia - fondata nel 1939
Riconosciuta con D.M. del MURST del 02/01/1996
Iscritta Tribunale di Milano N. 1489 Vol. 62 pag. 459
C.F.: 97053420150 - P.I.: 11453180157

Lettera in formato pdf di Acrobat Reader (141 Kb)


 

SOMMARIO

 
Dal Consiglio Direttivo

In Breve

La Nostra Ricerca

(a cura di Ennio Ongini)

Questa volta vi segnaliamo

Notizie dall'Università

(a cura di Francesco Rossi)

Premi e Borse di Studio

Farmacologia Clinica

(a cura di Mario Del Tacca)

Congressi e Corsi di Farmacologia

Finanziamenti alla Ricerca (a cura di Tecnofarmaci)

 

 

 

Dal Consiglio Direttivo
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Carissimi Soci,

Il D9-THC, principale componente attivo della marijuana, insieme ad altri cannabinoidi, esercita un largo spettro di azioni centrali e periferiche, comprendenti effetti di modulazione dei processi cognitivi e mnestici, di regolazione della soglia del dolore e delle convulsioni, effetti antinfiammatori, antispastici, antiemetici e di riduzione della pressione oculare. Attualmente sono in progress ricerche tese a verificare se sostanze attive sul sistema degli endocannabinoidi possano essere efficaci nel trattamento di alcune condizioni morbose quali il dolore cronico, il glaucoma, la spasticità, l'emesi da chemioterapici, alcuni disturbi del movimento e infine alcune forme tumorali. La possibile utilizzazione terapeutica di agenti modulanti il sistema endocannabinoide rappresenta, al momento, un argomento ancora molto controverso e l'ampio dibattito ha certamente, accanto ad un vivo interesse scientifico, una rilevantissima ricaduta sociale. A discutere tali problematiche il Direttivo della Società Italiana di Farmacologia ha inteso invitare il Prof. G.L. Gessa, la cui ampia e approfondita competenza in questo e in altri campi della farmacologia è tanto nota da esimerci da qualunque ulteriore presentazione.

 

Vincenzo Cuomo

 

 

MARIJUANA e MEDICINA 

 

Prof. Gian Luigi Gessa - Direttore Dipartimento di Neuroscienze, Università di Cagliari

 

Molti pazienti che oggi soffrono di AIDS, tumori, sclerosi multipla e altre patologie debilitanti, i cui sintomi non hanno tratto giovamento dai farmaci "ortodossi", ma dall'uso della marijuana, chiedono non solo di poter utilizzare in Italia quei cannabinoidi, come il dronabinol, che sono in commercio in altri paesi ma anche che il loro medico possa prescrivere loro la marijuana da fumare.

Mentre l'uso medico dei cannabinoidi approvati a suo tempo dalla FDA non pone grossi problemi (essi giacevano da decenni in certe farmacie, ignorati dai medici e dai pazienti), la proposta di legge sull'uso medico della marijuana suscita nel mondo politico il legittimo sospetto che tale proposta sia il cavallo di Troia per sdoganare la marijuana per i soggetti sani.

Anche ai medici la proposta pone una serie di problemi che commenterò in modo telegrafico. Numerose osservazioni cliniche suggeriscono che i cannabinoidi e la marijuana siano efficaci nel trattamento del dolore, della nausea e del vomito in una percentuale di malati di AIDS e di tumore, e inoltre della rigidità muscolare e del dolore in alcuni malati di sclerosi multipla resistenti a terapie ortodosse.

Tuttavia, l'assunzione di cannabinoidi col fumo introduce nell'organismo non solo il THC e altri cannabinoidi, ma anche sostanze nocive e cancerogene. Inoltre, la marijuana contiene miscele variabili di composti biologicamente attivi, il che rende difficile stabilire la quantità da prescrivere. E' vero però che questo problema può essere ovviato con preparazioni di origine controllata e con la collaborazione del paziente poiché la via inalatoria consente un effetto farmacologico immediato, così che il paziente può dosare la quantità da assumere in base all'effetto prodotto.

Si discute se la marijuana sia più efficace del suo principale principio attivo, perché gli altri componenti della cannabis, come il cannabidiolo, potenziano gli effetti del THC, oppure se la maggiore efficacia della marijuana possa dipendere in parte da un effetto placebo. Questo effetto non è necessariamente da sottovalutare ma possibilmente da ottimizzare. Si discute anche se la marijuana, e i cannabinoidi, siano efficaci in certi pazienti e non in altri, per loro particolari caratteristiche genetiche. Questo è un tema molto importante che oggi può essere risolto con l'analisi genomica. Nel proporre l'uso medico della marijuana o dei cannabinoidi, bisogna considerare non solo l'efficacia ma anche i loro effetti negativi, soprattutto la loro capacità di produrre euforia e dipendenza. Tuttavia, quest'ultima non deve preoccupare più di tanto nei malati terminali o in quelli con AIDS, che spesso sono già consumatori di cannabis. L'euforia e la sedazione non sempre sono percepite negativamente da questi pazienti.

In conclusione, i cannabinoidi e la marijuana possono essere utilizzati in quelle condizioni che hanno in comune il dolore, la nausea, il vomito e gli spasmi muscolari quando i farmaci disponibili si siano dimostrati inefficaci. Sarà importante verificare se, come indicano gli studi preclinici, i cannabinoidi potenziano l'azione di altri analgesici, inclusi gli oppioidi. Infine, se la marijuana entrerà nella farmacopea, è probabile che non vi rimarrà a lungo perché sarà sostituita da cannabinoidi più potenti e, forse, più selettivi per certi sintomi, certamente più costosi. La proposta di legge sull'uso medico della marijuana riguarda quei pazienti che non hanno la pazienza, né il tempo, di aspettare i progressi della farmacologia e i tempi della burocrazia.

 

La Nostra Ricerca (a cura di Ennio Ongini)
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In Italia ci sono gruppi di ricerca che ottengono risultati di alta qualità, riconosciuti a livello internazionale. Con questa rubrica vogliamo portare all’attenzione alcuni esempi rappresentativi, prendendo spunto da pubblicazioni recenti.

 

“Dall’Università”

 

Noera G., M. Lamarra, S. Guarini and A. Bertolini. Survival rate after early treatment for acute type-A aortic dissection with ACTH (1-24). The Lancet, 2001, 358, 469-470.

Noera G., M. Lamarra, S. Guarini and A. Bertolini. ACTH analogue in treatment of acute aortic dissection. The Lancet, 2002, 359: 168-169.

 

Ne parliamo con Salvatore Guarini, Professore Associato di Farmacologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia, Dipartimento di Scienze Biomediche, Sezione di Farmacologia, Università di Modena e Reggio Emilia.

 

Qual è l'importanza di questi risultati? 

Il nostro gruppo, che fa capo al professor Bertolini, è riuscito a confermare anche nell'uomo, su una casistica sufficientemente ampia ed omogenea di pazienti, l'effetto salvavita delle melanocortine in condizioni gravissime di shock emorragico. Questa peculiare e sorprendente attività era stata descritta da noi in un modello animale (nel ratto e nel cane) da tempo e anche in altri modelli di shock. Nei Paesi ad alto sviluppo, lo shock emorragico, spesso conseguente ad eventi traumatici (soprattutto incidenti stradali, infortuni sul lavoro), rappresenta la prima causa di morte nella popolazione di età inferiore ai 40 anni.

L'uso dei farmaci non ha una base razionale, eziopatogenetica; si tratta in massima parte di trattamenti sintomatici, "cosmetici", non causali; il loro effetto sui meccanismi fisiopatologici dello shock può essere addirittura controproducente. L'importanza dei nostri risultati è sia pratica che concettuale. Da un punto di vista pratico viene individuata una classe del tutto nuova di farmaci (i peptidi melanocortinici: a-MSH, ACTH e loro frammenti o analoghi di sintesi) pressoché privi di tossicità acuta che, somministrati in vena a bolo in dosi nanomolari ad individui in uno stato anche gravissimo di shock emorragico, ripristinano condizioni cardiocircolatorie e di perfusione tissutale tali da consentire il recupero del paziente e da prevenire le complicazioni secondarie, spesso fatali, dello shock (sindrome da risposta infiammatoria sistemica; sindrome da distress respiratorio; sindrome da scompenso multiplo di organo).

La somministrazione di questi farmaci è semplice, sicura e priva di rischi da poter essere fatta direttamente sulla scena dell'incidente, anche da personale medico o paramedico privo di esperienze e competenze specifiche. Da un punto di vista concettuale viene dimostrata una attività farmacologica del tutto ignota, imprevista ed inattesa in sostanze endogene (e loro derivati) per lungo tempo considerate esclusivamente ormoni, e poi successivamente neuropeptidi con effetti e ruoli nel comportamento (alimentare, sessuale), nei processi di memorizzazione, nella nocicezione (ricerche soprattutto di W. Ferrari, G.L. Gessa, D. De Wied, A. Bertolini, A.V. Vergoni), conseguenti al legame con almeno cinque classi di recettori specifici. Sempre dal punto di vista concettuale è interessante il fatto che solo in condizioni di fallimento dell'omeostasi cardiovascolare e di gravissima emergenza per l'organismo queste sostanze manifestino una potentissima e per molti aspetti "unica" capacità di riportare alla norma (sia pure temporaneamente) l'attività cardiocircolatoria, sulla quale non hanno invece alcun effetto in condizioni normali.

 

Qual è stato il percorso di queste ricerche?

E' stato un lungo cammino. Verso la metà degli anni 80, il professor Bertolini mi chiese di mettere a punto un modello sperimentale di shock emorragico perché intendeva studiare l'eventuale effetto delle melanocortine sulla funzione cardiovascolare in condizioni di gravissima emergenza. Si stavano accumulando prove sperimentali a favore dell'esistenza e del ruolo di un sistema endogeno oppioidi-antioppioidi, nel quale il ruolo di antagonisti funzionali era soprattutto sostenuto dalle melanocortine. L'idea di valutare se le melanocortine fossero in grado di revertire una condizione di shock voleva essere una verifica "estrema" dell'ipotesi suddetta, perché in quegli anni si stava dimostrando che durante lo shock si libera una massiccia quantità di oppioidi endogeni, responsabili o corresponsabili di gran parte delle cause patogenetiche dello shock stesso. Iniettammo in vena ACTH-(1-24) a ratti dissanguati fino a condizioni preagoniche, con una pressione arteriosa media di 20-25 mmHg e una residua speranza di vita di 20-30 minuti. Il risultato fu spettacolare e veramente ci entusiasmò. Con altrettanto entusiasmo, successivamente e gradualmente si sono inseriti in queste ricerche altri collaboratori (Carla Bazzani, Simonetta Tagliavini, Maria Michela Cainazzo, Guido Mattera Ricigliano, Chiara Mioni, Giuseppe Ferrazza, Daniela Giuliani, Sheila Leone).

Le ricerche successive dimostrarono che questo effetto è condiviso da tutti i peptidi melanocortinici privi della sequenza C-terminale Arg-Phe, come ACTH-(4-10), a-MSH [ = ACTH-(1-13)], ACTH-(1-17), ACTH-(1-24), ecc., e che non coinvolge i surreni, perché si ottiene anche in animali surrenectomizzati e con peptidi melanocortinici quasi privi, o del tutto privi, di attività corticotropa. Negli animali in shock emorragico la melanocortina fa aumentare il volume di sangue circolante, mobilizzando il sangue residuo che in queste condizioni ristagna nei capillari, e riportando a valori compatibili con la sopravvivenza il flusso ematico tissutale e tutti i parametri ematochimici. Questo effetto si mantiene per alcune ore. La cosa importante è che il trattamento tempestivo con la melanocortina dilata di molto i margini di tempo per poter intervenire efficacemente con una trasfusione di sangue: 30, 60 o perfino 120 minuti dopo il salasso (nelle nostre condizioni, la trasfusione da sola è efficace purché effettuata entro 10 minuti). Le ricerche successive per identificare i siti ed i meccanismi d'azione hanno dimostrato che una tappa fondamentale è rappresentata dalla stimolazione dei recettori melanocortinici MC4 localizzati nel sistema nervoso centrale e dall'attivazione di una via colinergica centrale. Un'altra tappa coinvolge il vago: la vagotomia bilaterale previene l'effetto anti-shock delle melanocortine.

Abbiamo inoltre dimostrato che l'effetto è associato alla inibizione di tutta una serie di processi che caratterizzano lo stato di shock: attivazione del fattore di trascrizione NF-kB epatico, iperproduzione di citochine (in particolare TNF-a), di molecole di adesione, di NO, di radicali liberi dell'ossigeno. In questi stessi anni, ricerche del tutto indipendenti condotte soprattutto dal gruppo di Lipton e Catania hanno confermato che effettivamente le melanocortine hanno peculiarissime proprietà antinfiammatorie ed immunomodulatrici: impediscono la traslocazione di NF-kB nel nucleo, inibiscono la produzione di citochine pro-infiammatorie (IL-1a, IL-1b, IL-6, TNF-a) e invece stimolano la produzione di citochine antinfiammatorie (IL-8, IL-10). Neanche questi effetti sono mediati dai surreni, perché si possono replicare in vitro, in macrofagi stimolati con LPS.

Nel meccanismo d'azione delle melanocortine in condizioni di shock potrebbero quindi avere un'importanza determinante queste loro peculiari proprietà antinfiammatorie: tutte le forme di shock innescano una sindrome da risposta infiammatoria sistemica che poi sfocia in uno scompenso multiplo di organo, spesso fatale. Pure coerente con le nostre osservazioni è la recente dimostrazione del potente ruolo antinfiammatorio svolto dalle fibre vagali efferenti ("via antinfiammatoria colinergica") nello shock endotossico. Gli sviluppi più recenti delle nostre ricerche hanno poi portato alla dimostrazione che le melanocortine sono efficaci anche in condizioni di danno ipossico circoscritto, di organo, nonché nel danno da ischemia/riperfusione: nel ratto sottoposto ad ischemia/riperfusione miocardica provocano riduzione dose-dipendente dell'incidenza di aritmie ventricolari e della mortalità; se l'ischemia miocardica è permanente provocano riduzione dell'area infartuata.

 

Queste ricerche hanno stimolato collaborazioni con altri gruppi?

Si, molto. Nel corso di questi anni si è creata una vera rete di collaborazioni strettissime con diversi altri gruppi, sia in Italia che all'estero, che ha consentito di affrontare il problema in tutti i suoi aspetti in modo veramente interdisciplinare, e di arrivare infine alla conferma sul malato. La collaborazione è stata particolarmente intensa, felice e fruttuosa con il gruppo di Caputi ed in particolare con il suo allievo Francesco Squadrito e con i suoi collaboratori, che hanno esteso le ricerche al loro modello di shock da ischemia/riperfusione del distretto splancnico e hanno soprattutto contribuito in maniera determinante ai dati riguardanti NF-kB e TNFa. Il gruppo di patologi generali della nostra Università, che fa capo ad Aldo Tomasi, ha pure contribuito in maniera determinante, dosando ex-vivo mediante spettroscopia ESR i radicali liberi dell'ossigeno e dell'azoto (NO). Il gruppo di Schiöth e Wikberg, di Uppsala (Svezia), ci ha sintetizzato agonisti ed antagonisti altamente selettivi per le varie classi di recettori melanocortinici. Un gruppo di patologi generali di Pavia coordinati da Roberto Pizzala studia il danno ossidativo sul DNA. Ovviamente è stato, ed è, determinante, anche il coinvolgimento di colleghi Clinici (i cardiochirurghi Noera e Lamarra di Ravenna, il nefrologo Albertazzi di Modena, l'anestesista-rianimatore Barbieri di Modena, il responsabile di Modena Soccorso Castellini). Negli ultimi tempi si è sviluppata una collaborazione molto importante con la prof. Catania dell'IRCCS-Ospedale Maggiore di Milano, col suo maestro prof. Lipton (Dallas, USA) e col prof. Buffa (Milano-Bicocca), che hanno condotto ricerche di fondamentale importanza sull'attività antinfiammatoria ed immunomodulatrice delle melanocortine e che con noi studieranno, mediante indagini biomolecolari, i meccanismi dell'effetto protettivo delle melanocortine in condizioni di shock e di ischemia miocardica e cerebrale.

In sostanza, grazie anche a queste collaborazioni, la nostra ricerca parte dal molecolare per arrivare alla ricaduta clinica, e questo è un aspetto importante che spesso si perde di vista nelle ricerche di farmacologia.

 

Quali ricadute terapeutiche si possono ipotizzare dai vostri risultati?

Christian Olsson del "Department of Cardiothoracic Surgery" di Uppsala, ha scritto su Lancet (2002; 359, 168) che i nostri risultati "are spectacular, and might herald the advent of a very simple and useful tool in the treatment of these severely ill patients. If the benefits extend to all patients in haemorrhagic shock, the perspective on treatment of such patients might become totally altered". Non aggiungo altro, se non che i nostri dati sperimentali più recenti lasciano intravedere l'utilità terapeutica di alcuni peptidi melanocortinici anche nell'ischemia miocardica transitoria e nell'infarto miocardico.

 

 

“Dall’Industria”

 

C’è il luogo comune che in Italia si faccia poca ricerca farmaceutica. In parte è vero, soprattutto se ci si confronta con i Paesi di riferimento; tuttavia, ci sono realtà interessanti, dove laureati in discipline biomediche fanno ricerca di primo livello. Con questo breve resoconto vogliamo segnalare un esempio significativo.

 

IRBM P. ANGELETTI

 

La storia di IRBM.

Nell'estate del 1987 la Merck Sharp & Dohme (Italia) e la società farmaceutica Sigma Tau raggiunsero un accordo per una joint venture paritetica per costruire un centro per la ricerca avanzata nel settore della biologia molecolare. In breve tempo, nel 1990, veniva inaugurato a Pomezia l'IRBM - Istituto di Ricerca di Biologia Molecolare. Nel 1992 l'Istituto venne dedicato alla memoria del Prof. Pietro Angeletti, la cui passione per la scienza aveva fatto sì che l'IRBM diventasse una realtà. Nel luglio del 2000 l'IRBM "P. Angeletti" è stato definitivamente acquisito dalla Merck Sharp & Dohme (Italia) per conto della Merck & Co. diventando a tutti gli effetti parte integrante della divisione MRL (Merck Research Laboratories).

L'Istituto occupa un'area di circa 20.000 m2 suddivisi tra laboratori, uffici, sale conferenze ed aree tecniche. Un'ulteriore espansione di oltre 1000 m2 di laboratori è in corso e sarà completata nel 2002. Nella sua prima fase di operatività IRBM poteva contare su circa 80 ricercatori sia italiani che stranieri. A distanza di 10 anni IRBM ha raddoppiato il suo staff, con circa 200 unità, tra personale scientifico, dottorandi, borsisti già in possesso del dottorato di ricerca, personale amministrativo e altro staff di supporto.

 

Ne parliamo con il Direttore Scientifico, il Prof. Riccardo Cortese.

 

Innanzitutto, i rapporti fra IRBM ed il sistema ricerche della Merck?

La Merck & Co. è una società farmaceutica fortemente impegnata nella ricerca e sviluppo di farmaci per uso umano e veterinario. Nel 2000 ha fatturato più di 40 miliardi di dollari e impiega circa 70.000 dipendenti nelle sue numerose sedi nel mondo. Merck punta sulla crescita, e per crescere è fondamentale investire nella ricerca scientifica con l'obiettivo di scoprire nuovi farmaci: nel 2001 l'investimento nella ricerca ha raggiunto i 2,6 miliardi di dollari.

La divisione ricerca della Merck & Co. (Merck Research Laboratories, MRL) è un laboratorio "globale" costituito da vari istituti di ricerca: in Canada (Merck Frosst), Francia (Riom), Spagna (CIBE), Inghilterra (Neuroscience Center) e Italia (IRBM P. Angeletti) oltre alle 4 sedi negli Stati Uniti (Rahway, West Point, San Diego e Boston).

I farmaci di maggiore successo scoperti e prodotti dalla Merck & Co. sono leader nella loro categoria terapeutica a dimostrazione della loro efficacia e tollerabilità che ha permesso di conquistare la fiducia della comunità medica internazionale.

 

I vostri obiettivi scientifici?

L'IRBM "P. Angeletti" è stato fondato come una collaborazione internazionale fra Merck & Co. e Sigma Tau. Questa collaborazione nasceva dal desiderio di portare in Italia risorse, capacità organizzative e conoscenze, cercando una sinergia con la disponibilità di risorse umane presenti in Italia e la conoscenza della realtà industriale italiana della Sigma Tau.

L'obiettivo iniziale e tuttora valido è di identificare e sviluppare nuovi farmaci per la cura delle malattie virali. Durante questo decennio, IRBM si è dimostrato un valido polo di attrazione per ricercatori italiani residenti all'estero ed intenzionati a ritornare nel loro Paese di origine, oltre che contribuire alla formazione di giovani ricercatori. Nel corso degli anni le attività sono risultate nell'accumulo di una rilevante proprietà intellettuale: la ricerca scientifica ha portato all'ottenimento di brevetti in vari paesi del mondo. Di particolare rilevanza sono i brevetti ottenuti nel campo della diagnosi e della terapia del virus dell'epatite C umana.

IRBM è all'avanguardia nella ricerca di nuovi farmaci per la cura dell'epatite C. Questo obiettivo venne scelto perché esisteva, ed esiste tuttora, un reale bisogno di nuovi approcci terapeutici per questa malattia che interessa oltre duecento milioni di persone nel mondo. Il virus dell'epatite C utilizza RNA. La sua replicazione dipende pertanto dall'enzima RNA polimerasi, o replicasi. La RNA polimerasi virale viene prodotta dal virus in una forma inattiva. L'azione di un secondo enzima virale, chiamato proteinasi, è necessario affinché la RNA polimerasi possa svolgere la sua funzione.

L'obiettivo principale della ricerca contro il virus dell'epatite C all'IRBM è stato pertanto la ricerca di composti capaci di interferire con l'attività biologica di questi due enzimi che sono essenziali per la replicazione e quindi la persistenza del virus stesso nelle cellule dell'ospite.

 

Avete identificato qualche composto meritevole di sviluppo farmaceutico?

Sia per la proteinasi che per la polimerasi del virus HCV sono stati sviluppati degli inibitori di nuova concezione. La struttura tridimensionale della proteinasi di diversi genotipi del virus HCV è stata ottenuta mediante tecniche di cristallografia ai raggi X e Risonanza Magnetica Nucleare. Questi risultati, insieme con le numerose conoscenze biochimiche generate negli ultimi anni, ha permesso ai chimici di IRBM di realizzare il "design" e la sintesi di molecole che hanno la capacità di interferire, in vitro, con l'attività normale della proteinasi. Alcuni di questi inibitori, pur essendo scarsamente biodisponibili, quando somministrati per via orale, hanno mostrato la capacità di penetrare efficacemente in cellule di fegato, l'organo dove avviene la replicazione virale, e sono pertanto candidati per ulteriori studi farmacologici.

Le ricerche effettuate sulla polimerasi di HCV hanno permesso di chiarire il meccanismo attraverso il quale viene copiato l'RNA virale, ed hanno anche permesso di studiarne l'attività enzimatica in un sistema semplificato in vitro. I composti generati finora sono ben tollerati da cellule non infettate dal virus HCV in quanto non sono in grado di interferire con l'azione degli enzimi cellulari. All'interno della stessa classe di composti sono state inoltre identificate molecole che agiscono selettivamente sulle polimerasi dei virus responsabili dell'epatite B (HBV) e l'AIDS (HIV), aprendo la possibilità di sviluppare composti efficaci per la cura di altre malattie virali.

 

Siete impegnati anche su approcci terapeutici differenti dai farmaci?

Nel campo dell'immunologia l'impegno di IRBM è sempre più spesso rivolto allo sviluppo di tecnologie applicabili alla produzione di vaccini di nuova generazione. L'analisi di numerosi campioni di HCV prelevati dai pazienti ha permesso di costruire un database per disegnare proteine "super-mimetiche" in grado di somigliare alle varianti di HCV. Con queste basi si vuole sviluppare un vaccino contro HCV.

Inoltre l'IRBM da circa tre anni è impegnata sul fronte della terapia genica con lo sviluppo di tecnologie innovative. A questo scopo ha operato delle importanti scelte strategiche puntando da un lato alla generazione di vettori tollerabili da parte dell'organismo, dall'altro a tecniche di somministrazione del DNA nudo che migliorino la sua captazione da parte di cellule bersaglio.

Per quanto riguarda i vettori virali, la scelta si è rivolta agli adenovirus poiché essi hanno un'ottima efficienza di trasferimento genico negli organismi viventi e grandi potenzialità per uno scale-up industriale. Uno studio accurato dei meccanismi di rigetto di cui sono oggetto le prime generazioni di vettori adenovirali ha portato IRBM ad introdurre modifiche nella loro struttura dando così origine ad una nuova classe di vettori chiamati "gutted-adenovirus".

Nel settore dei vettori non-virali è stata messa a punto una nuova tecnologia, chiamata EGT (Trasferimento Elettrico dei Geni) che permette di aumentare di circa 100 volte l'efficienza di trasferimento genico di DNA nudo iniettato direttamente nel muscolo. L'EGT ha consentito di ottenere in animali da laboratorio effetti terapeutici di lunga durata iniettando piccole dosi di DNA nudo che producono sufficienti quantità di proteine attive su organi bersaglio. Le due tecnologie appena descritte hanno subito portato IRBM ad una posizione altamente competitiva in questo difficile settore. Esse offrono enormi potenzialità e sono al momento oggetto di ulteriore approfondimento ed affinamento.

 

La vostra integrazione con la comunità scientifica?

A completamento dell'attività di ricerca di laboratorio, IRBM è promotore di una serie di iniziative volte alla diffusione e alla circolazione delle conoscenze scientifiche, alla crescita e all'aggiornamento dei suoi ricercatori. Durante questo decennio, IRBM si è dimostrato un valido polo di attrazione per ricercatori italiani residenti all'estero ed intenzionati a ritornare nel loro Paese di origine, oltre che contribuire alla formazione di giovani ricercatori. Accanto alla notevole produzione di pubblicazioni scientifiche, oltre 350 su riviste internazionali specializzate, alcune delle quali di particolare merito e che hanno portato all'assegnazione di premi e riconoscimenti internazionali, IRBM è promotore ogni anno di seminari e convegni di alto livello scientifico.

 

Notizie dall'Università (a cura di Francesco Rossi)
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Prove di ammissione.

Il D.M. del 20 maggio 2002 ha fissato le date di svolgimento delle prove di ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia (5 settembre 2002), al Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria (6 settembre 2002) e ai Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie (10 settembre 2002). Le relative prove di ammissione, di contenuto identico sul territorio nazionale, saranno predisposte dal M.I.U.R. Tali prove consisteranno nella soluzione di ottanta quesiti a risposta multipla, di cui una sola risposta esatta tra le cinque indicate, su argomenti di: 1) logica e cultura generale; 2) biologia; 3) chimica; 4) fisica e matematica.

 

Programma Nazionale della Ricerca.

In applicazione del D.Lgs. 204/98 (artt. 1 e 2) il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca ha predisposto le Linee Guida per il Programma Nazionale della Ricerca (PNR) per il periodo 2003-2006 finalizzate a potenziare e valorizzare il sistema dell'alta formazione delle Università. Per assicurare una equilibrata evoluzione ed una innovazione di tutte le componenti della ricerca, sono stati individuati quattro assi strategici:

 

Asse 1. Sostegno delle attività di ricerca di base del sistema scientifico italiano, mirate all'avanzamento delle conoscenze;

Asse 2. Sostegno della ricerca di base orientata allo sviluppo di tecnologie chiave abilitanti a carattere multisettoriale;

Asse 3. Potenziamento delle attività di ricerca industriale, e relativo sviluppo tecnologico, finalizzate ad aumentare la capacità del sistema industriale italiano a trasformare conoscenze e tecnologie in prodotti e processi a maggior valore aggiunto; Asse 4. Promozione, valorizzando sinergie a livello territoriale, delle capacità d'innovazione nei processi e nei prodotti da parte del sistema delle piccole e medie imprese.

 

Principali interventi per l'utilizzo dei fondi di ricerca:

Asse 1 PRIN, Centri di eccellenza*, Dottorati di Ricerca*, Borse "post doc"* , Grandi apparecchiature* , FOE;

Asse 2 FIRB, FISR , FOE , Accordi bilaterali;

Asse 3 FAR , FIT , Ricerca sanitaria finalizzata;

Asse 4 Accordi di programma e altri interventi

 

* questi interventi sono previsti anche nei progetti dell'Asse 2 e dell'Asse 3.

 

Farmacologia Clinica (a cura di Mario Del Tacca)
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Seminario Nazionale sulla Farmacogenetica

Il Comitato della Sezione di Farmacologia Clinica ha deciso di organizzare a Pisa, nel mese di Ottobre 2002, un seminario nazionale dal titolo: "Ruolo della farmacogenetica nello sviluppo e personalizzazione delle terapie farmacologiche". I principali argomenti che saranno affrontati durante la riunione, riguarderanno il ruolo delle nuove tecnologie genetiche nello studio della patogenesi delle malattie e nello sviluppo di nuovi farmaci nonché nella individualizzazione delle terapie farmacologiche in relazione al profilo genetico della malattia e del paziente. Saranno inoltre discussi la caratterizzazione dei polimorfismi genetici e la loro influenza sul metabolismo dei farmaci, l'applicazione della farmacogenetica alla terapia di malattie specifiche, quali ipertensione, asma, dislipidemie e neoplasie.

 

PSADE e fallimenti terapeutici

In occasione del I Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina d'Emergenza-Urgenza, Napoli 21-24 Novembre 2001, sono stati presentati i risultati dello studio PSADE che sono stati accolti con molto interesse e curiosità e pertanto i dati emersi dall'indagine, promossa dalla SIF-clinica, hanno avuto molta visibilità. Il Prof. Del Tacca si è riunito recentemente con il Prof. Caputi e i dottori Giuliani e Venegoni a Milano, presso l'Ospedale Fatebenefratelli. Nella riunione è emerso l'interesse a proseguire il progetto PSADE orientandolo sull'aspetto dei fallimenti terapeutici. Infatti, i fallimenti terapeutici, intesi come inadeguata risposta terapeutica ai farmaci, rappresentano un'importante categoria di eventi avversi da farmaci che sono sia causa di accesso al pronto soccorso, che di ricovero in ambito ospedaliero e di prolungamento della degenza dei pazienti ospedalizzati.

 

Sperimentazione clinica in medicina generale

Sulla base di un accordo intercorso tra SIF e SIMG, la nota associazione di medici di medicina generale, la SIF-clinica ha partecipato attivamente sia a incontri propositivi con l'Assessorato alla Sanità della Regione Toscana, che alla organizzazione di corsi specifici di preparazione ai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. In un incontro avvenuto presso la sede della Regione Toscana lunedì 25 Febbraio sono stati definiti, insieme al Prof. Mugelli e al Prof. Tagliamonte, i contenuti di un corso che è stato presentato all'Assessore alla Sanità della Regione Toscana con lo scopo di ottenerne l'approvazione.

 

Farmacovigilanza

Allo scopo di estendere l'interesse e la sensibilità verso un'attiva partecipazione dei medici e dei farmacisti ai processi di farmacovigilanza, la SIF-clinica ha organizzato, insieme al Prof. Caputi, un Corso di Farmacovigilanza in internet strutturato in 14 lezioni. Questo corso potrebbe rappresentare uno strumento utile e innovativo per educare gli operatori sanitari a una partecipazione più convinta a questa importante attività di osservazione e segnalazione degli effetti avversi dei farmaci. Alla fine del corso, i partecipanti potranno disporre di un questionario molto articolato che permetterà loro una concreta autovalutazione. Gli ultimi particolari sul corso sono stati definiti in un incontro tra il Prof. Caputi e Farmindustria.

 

Documento sulla sperimentazione clinica

Rappresentanti della SIF, della SIF-clinica, della SIFO e della SSFA, hanno lavorato insieme alla preparazione di un documento sulla definizione e significato degli studi spontanei e dell'uso compassionevole dei farmaci. Dopo ripetuti incontri e discussioni, è stato preparato il testo di un documento che è stato approvato martedì 5 Marzo. La versione finale sarà inviata ai soci SIF, SIF-clinica, SIFO, SSFA, direzioni mediche dell'industria, Presidenti dei Comitati etici e al Dipartimento per la Farmacovigilanza e la Sperimentazione clinica del Ministero della Salute, dopo che i Presidenti delle tre Società interessate SIF, SIFO, SSFA l'avranno approvata.

 

Finanziamenti alla ricerca (a cura di Tecnofarmaci)
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Unione Europea - VI Programma Quadro (2002-2006)

Il Sesto Programma Quadro per la Ricerca e l'Innovazione (2002-2006), la cui presentazione ufficiale è prevista per la fine dell'anno, si propone di "rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell'industria comunitaria" e di contribuire alla creazione di uno Spazio Europeo della Ricerca che attui anche a livello culturale e tecnologico un completo processo di unificazione.

La Comunità Europea intende realizzare questi obiettivi attraverso due strumenti innovativi di integrazione scientifica: i Networks di Eccellenza e i Progetti Integrati.

I Networks di Eccellenza, concepiti come Centri Multidisciplinari permanenti, sono intesi a rafforzare e sviluppare l'eccellenza scientifica e tecnologica comunitaria, attraverso la generazione di una massa critica di esperti che favorisca l'acquisizione di conoscenza in una particolare area di ricerca.

Le strutture partecipanti ai Networks saranno le Università, i Centri di Ricerca, le Imprese (incluse le PMI) e le Organizzazioni Scientifiche e Tecnologiche. In virtù della natura multidisciplinare dei Networks, le attività saranno principalmente finalizzate alla cooperazione, all'integrazione e alla disseminazione delle conoscenze attraverso lo scambio continuo di informazioni e alla mobilità dei ricercatori.

I Progetti Integrati rappresentano invece lo strumento attraverso il quale verranno realizzati gli obiettivi previsti dalle seguenti Priorità Tematiche: 1) Genomica e biotecnologie per la salute 2) Tecnologie della Società dell'informazione 3) Nanotecnologie e nanoscienze 4) Aeronautica e spazio 5) Qualità alimentare e sicurezza 6) Sviluppo sostenibile 7) Cittadini e Governo in una Società basata sulla conoscenza.

Ogni Progetto Integrato avrà obiettivi scientifici e tecnologici ben definiti, diretti ad ottenere risultati specifici applicabili in termini di prodotti, processi e servizi.

Le attività di un Progetto Integrato, alla cui realizzazione possono partecipare gli stessi soggetti indicati per i Network di Eccellenza, saranno dedicate non solo alla ricerca ma anche alla formazione e mobilità di ricercatori e alla divulgazione dei risultati per un effettivo trasferimento tecnologico in grado di rispondere alle istanze della società.

La Commissione europea ha invitato la comunità dei ricercatori europei a manifestare il proprio interesse a partecipare ad attività di ricerca legate alle sette tematiche prioritarie e a presentare proposte relative ai Networks di Eccellenza e ai Progetti Integrati allo scopo di orientarsi nella predisposizione dei futuri bandi. Scadenza: 7 giugno 2002.

 

Per ulteriori informazioni si rimanda a: tecnofarmaci@tecnofarmaci.caspur.it

 

In Breve
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Questa volta vi segnaliamo
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http://www.ecm.farmacovigilanza.org

di Achille Caputi

Ist. Farmacologia, Facoltà di Medicina, Università di Messina

 

Nell'ambito della educazione continua in medicina, la SIF in collaborazione con la "Fondazione Gianfranco Ferro" e con una sponsorizzazione della Farmindustria ha organizzato il primo corso a distanza (Internet) sulla Farmacovigilanza, rivolto a laureati in discipline biomediche. Il corso fornisce una cultura generale della farmacovigilanza, ed in particolare basi teoriche, strumenti e modalità applicative della segnalazione spontanea, che permettano di partecipare efficacemente al sistema nazionale di segnalazioni spontanee delle reazioni avverse.

Accedendo al sito web sopra indicato, dopo aver compilato la scheda di iscrizione, il partecipante riceverà una e-mail dell'avvenuta iscrizione, che gli permetterà, tramite la password prescelta (nel form di iscrizione) di accedere alle lezioni (14) del corso ed ai test di autovalutazione. Sono presenti 14 test di autovalutazione (ciascuna lezione), nonché test cumulativi. Compilato il test di autovalutazione, immediatamente apparirà il risultato e, per ciascuna domanda, la risposta esatta e quella scelta, nonché la percentuale di quelle esatte. Compilando i test cumulativi (le cui domande saranno diverse ogni volta che si accederà), il risultato verrà riportato come numero di risposte esatte e in percentuale, in funzione della quale, comparirà il "livello" di apprendimento raggiunto.La valutazione finale di apprendimento verrà effettuata presso un Istituto di Farmacologia di una Università, la più vicina alla sede del partecipante. Sede d'esame, data dello stesso e nominativo del docente referente per l'esame saranno comunicati 3 mesi dopo l'iscrizione e solo se il candidato avrà raggiunto un livello di apprendimento pari al 60% su un test cumulativo. Il corso rappresenta per la SIF una occasione di sperimentare sul campo l'educazione medica a distanza e si propone come una piattaforma per effettuare altri corsi a distanza su argomenti diversi.

 

Premi e Borse di studio

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Congressi e Corsi di Farmacologia
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Per ulteriori informazioni contattare: Prof. Francesco Capasso, e-mail: fcapasso@unina.it

Per ulteriori informazioni contattare: Segreteria SIF: e-mail: sifcese@comm2000.it; Segreteria Organizzativa Locale: Capri Eventi Services tel. 081 8377942, fax 081 8375417, e-mail info@caprieventi.com

Per ulteriori informazioni contattare: Prof. Giampietro Sgaragli - Istituto di Scienze Farmacologiche, Università di Siena. e-mail: farmacologia@unisi.it.

Per ulteriori informazioni contattare: Segreteria Organizzativa: Sig.ra Anne Farmer tel. 070 6754307, fax 070 6754320, email annefarm@tiscali.it

Segreteria Scientifica: Dott. Mauro A.M. Carai, Neuroscienze S.c.a.r.l., Cagliari, Tel. 070 2548089, fax 070 254275, e-mail mauro.carai@ns.crs4.it.

Per ulteriori informazioni visitare il sito www.noclub.net.

Per ulteriori informazioni visitare il sito www.unife.it/8iscpp oppure contattare 8th ISCPP Secreteriat c/o U. Ferrara, Dip. Sc. Farmaceutiche tel 0532 291293/214; fax 0532 291296; e-mail 8iscpp@unife.it

Per ulteriori informazioni contattare: Segreteria SIF: e-mail sifcese@comm2000.it

 


SIF - Società Italiana di Farmacologia

CONSIGLIO DIRETTIVO

Presidente: Vincenzo Cuomo

Consiglieri: Pier Luigi Canonico, Michele Carruba, Walter Fratta, Giovanni Gaviraghi, Mario Marchi, Carlo Riccardi, Gennaro Schettini.

Segretario: Alessandro Mugelli

Past President: Giancarlo Pepeu

 

 

Sede del Segretario:

Dip. Farmacologia - Viale Pieraccini 6, 50139 FIRENZE
Tel: (055) 4271264 - Fax: (055) 4271265/80
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