SIF -  Società Italiana di Farmacologia                                                                       "SIF - Notizie dicembre 1999"

DOCUMENTO DELLA SEZIONE SUL RUOLO DEL FARMACOLOGO CLINICO NEI COMITATI ETICI
 

I Decreti del Ministero della Sanità del 18 marzo 1998 rappresentano una pietra miliare nella evoluzione della ricerca clinica nel nostro Paese: hanno di fatto decentralizzato il meccanismo di gran parte delle autorizzazioni allo svolgimento di sperimentazioni cliniche su farmaci, delegando ai Comitati Etici (C.E.) locali il compito sia di valutare il protocollo di studio che di analizzare la documentazione sul farmaco, al fine di esprimere il "Giudizio di Notorietà".
Come premessa occorre ricordare che il decreto "Linee guida di riferimento per l'istituzione ed il funzionamento dei Comitati Etici" identifica una serie di esperti che dovrebbero essere inclusi nella composizione di ogni Comitato Etico, e fra questi viene indicato il Farmacologo.
Il Farmacologo, ed in particolare un Farmacologo medico, vale a dire con adeguate conoscenze in campo medico, può essere considerato il referente scientifico che più di altri è in grado di analizzare la documentazione proposta all'attenzione del Comitato Etico.
I compiti cui deve adempiere possono essere così riassunti: valutare l'attività farmacodinamica di un nuovo principio attivo e l'adeguatezza dei dati farmacocinetici e tossicologici presentati; contribuire alla valutazione dei risultati delle prove cliniche già effettuate, per la formulazione di un giudizio di notorietà e/o della continuazione degli studi clinici di fase successiva a quella conclusa.
E' utile ricordare che per tali scopi il Farmacologo deve illustrare gli aspetti più innovativi delle ricerche proposte, sottolineare le opportunità più interessanti per il progresso della terapia -in base ai risultati farmacodinamici ottenuti nella fase preclinica- ed esprimere -in base ai dati di tossicità sperimentale- un giudizio sui benefici- terapeutici attesi in rapporto ai rischi ipotizzabili.
Di conseguenza è indispensabile che dati precisi su tutti gli studi preclinici, se non compresi già nell'Investigator Brochure, siano, dal proponente la ricerca, obbligatoriamente presentati al C.E e specificatamente al Farmacologo.
Il C.E, in base alla documentazione presentata e in base al parere dei vari esperti e in particolare del Farmacologo, deve, come riportato nel D.M., esprimere, se richiesto, il "Giudizio di Notorietà di un farmaco", che è un passo molto importante per l'autorizzazione alla sperimentazione clinica di un farmaco, ed approvare la sperimentazione tenendo conto, tra l'altro, degli aspetti scientifici ed etici dello studio, nonché degli aspetti organizzativi propri della struttura.
Proprio per quanto riguarda il Giudizio di notorietà o meglio "SULL'ESENZIONE DAGLI ACCERTAMENTI DA ESPLETARE DA PARTE DELL'ISTITUTO SUPERIORE DI SANITà (ISS) SULLA INNOCUITà E LA COMPOSIZIONE DEL MEDICINALE PRIMA DELLA SPERIMENTAZIONE SULL'UOMO" sorgono alcuni problemi che il legislatore non ha ben chiarito e che questo gruppo di studio ha ritenuto opportuno esaminare al fine di formulare alcune considerazioni e proporre alcuni suggerimenti per il funzionamento dei C.E. Appare chiaro che il D.M. è stato formulato unicamente sulla base di quanto fino ad oggi richiesto per registrare un nuovo farmaco e non ha previsto (o per lo meno non sono indicate regole chiare) come deve essere autorizzato uno studio proposto da parte di un ricercatore (universitario, di istituzione pubblica di ricerca, di istituto di ricovero e cura a carattere scientifico: IRCCS) riguardante l'utilizzo di un farmaco registrato, già da tempo quindi introdotto in terapia, per una indicazione diversa da quella approvata dal decreto di immissione in commercio (AIC).
In questa situazione, questo gruppo di lavoro ritiene (stante la confusa situazione legislativa -vedi dopo- e in attesa di una specifica spiegazione da parte del Ministero della Sanità, la cui ultima circolare esplicativa dell'8 aprile 1999 -G.U.19/4/199- non risulta al riguardo chiarificatrice) che per un farmaco, già da tempo introdotto in terapia e quindi con caratteristiche farmacodinamiche, cinetiche e tossicologiche note non sia necessario da parte del C.E. esprimere un Giudizio di Notorietà prima di autorizzare lo studio, nè ovviamente ricorrere ad accertamenti da parte dell'ISS.
Si ritiene che con la valutazione da parte del Farmacologo e del Clinico dei dati delle prove precliniche e cliniche (sicuramente noti essendo un farmaco già registrato) e dei benefici terapeutici attesi in rapporto ai rischi ipotizzabili, il C.E. possa direttamente approvare - o non approvare - il piano di ricerche proposto da un ricercatore di strutture pubbliche. Ovviamente resterebbe fermo il divieto di utilizzare, in queste situazioni, (cfr paragrafo d, PUNTO I D.M 18 marzo 1998; G.U. 28/5/1998) i risultati ottenuti a fini dell'ottenimento dell'AIC.
Questa procedura proposta, comportante l'esenzione da un formale Giudizio di notorietà, potrebbe rivelarsi oltre che legittima, trattandosi di un farmaco registrato, anche utile per semplificare le procedure, per non ingolfare le strutture preposte alla ricezione delle Dichiarazioni di Notorietà, anche per, fatto assolutamente non trascurabile, non divulgare argomenti di ricerca, talvolta soltanto a livello di idea.
D'altra parte non si comprende come si possa procedere altrimenti; attualmente interpretando in maniera "estensiva" (in difformità da quanto riportato nel D.M. 18 marzo 1998; G.U. 28/5/1998) i vari C.E. provvedono ad emettere Giudizi di Notorietà su farmaci registrati per impieghi in ricerche aventi indicazioni diverse da quelle ufficialmente autorizzate.
Stando alle norme di cui l'allegato 1 del D.M. in oggetto (nella parte "Modalità per l'esenzione degli accertamenti sui medicinali utilizzati nelle sperimentazioni cliniche") la dichiarazione di un giudizio di notorità non appare possibile. Questa affermazione nasce dall'esame combinato del paragrafo a) ALLEGATO 1 e dei PUNTO I e II dello stesso allegato (D.M. 18 marzo 1998; G.U. 28/5/1998 pag. 20-21).
L'allegato 1 di detto D.M. così recita: deve essere richiesto al comitato etico locale il giudizio di notorietà nei casi in cui il proponente, quindi anche il ricercatore, dichiari documentandolo:
a)  che per il medicinale sono disponibili sufficienti dati relativi alla qualità ed alla sicurezza nell'uomo, in rapporto alla indicazione terapeutica proposta per la sperimentazione clinica. Questa espressione sembrerebbe rendere possibile autorizzare, da parte del C.E. (tramite preventiva dichiarazione di notorietà, dichiarazione basata sul fatto che esistono dati più che sufficienti di qualità e di sicurezza nell'uomo) l'impiego di un farmaco registrato in una sperimentazione clinica studiata e disegnata per verificare, sulla base di una idea innovativa del ricercatore, l'utilità terapeutica in una diversa patologia. Questa interpretazione sembra però non potere essere sostenuta se si esaminano le successive locuzioni dello stesso allegato. Al paragrafo b), come seconda condizione, alternativa alla prima, per chiedere il giudizio di notorietà è scritto:
b)  che il medicinale rientri in una o più delle CONDIZIONI DI AFFIDABILITà (PUNTO I) e RELATIVE SPECIFICHE (PUNTO II)
Le Condizioni di affidabilità e relative specifiche risultano essere:
c)  il medicinale sia già autorizzato all'immissione in commercio in uno o più Paesi aderenti allo Spazio economico europeo e/o in Australia, Canada, Nuova Zelanda, Stati Uniti d'America ed abbia uguale indicazione, dosaggio, posologia, durata del trattamento e via di somministrazione. In caso contrario è richiesto il supporto di dati clinici adeguati. Risulta chiaro quindi che quanto indicato al paragrafo a) non riguarda il giudizio di notorietà di un farmaco già registrato, ma riguarda un farmaco nuovo, studiato sotto il profilo farmacotossicologico e già saggiato nell'uomo senza avere ancora ottenuto l'AIC. Per autorizzare un ricercatore (universitario o di altre istituzioni pubbliche) ad effettuare una ricerca su un farmaco di cui si conosce (in quanto già in commercio) la sicurezza e l'affidabilità; nell'uomo, ricorrendo alla dichiarazione del Giudizio di notorietà, si potrebbe, secondo alcuni, applicare il paragrafo d) (PUNTO I)
Questo paragrafo, indicato dallo stesso D.M. come riservato alle sperimentazioni proposte da ricercatori di strutture universitarie e/pubbliche con la clausola che i risultati non vengano utilizzati a fini dell'AIC, non sembra però di aiuto, anzi sembra ribadire il divieto di emanare un Giudizio di Notorietà. Il ricercatore infatti può ottenere l'esenzione dagli accertamenti dell'ISS e quindi chiedere la dichiarazione di notorietà se:
d)  il medicinale sia già stato utilizzato con risultati favorevoli, dando prova di qualità e sicurezza nell'uomo, in rapporto alle indicazioni terapeutiche proposte, come comprovato da dati della letteratura scientifica internazionale. Quindi su base di risultati di ricerche già effettuate da altri ricercatori.
Né si può ritenere che i dati della letteratura scientifica internazionale riguardino la qualità e sicurezza nell'uomo, in quanto, sempre attenendosi alle Specifiche di affidabilità del PUNTO II, che, secondo quanto pubblicato nella G.U., devono essere applicati a tutti i paragrafi del PUNTO I (quindi anche al paragrafo d), il medicamento dovrebbe avere uguale indicazione, dosaggio, posologia, durata del trattamento e via di somministrazione.
In pratica quindi, stando letteralmente a quanto riportato, un ricercatore appartenente alle strutture pubbliche potrebbe ottenere il Giudizio di Notorietà e quindi fare nuove ricerche su un farmaco già registrato solo se decidesse di ripetere studi già effettuati da altri ricercatori e, fatto paradossale, da ricercatori non italiani. Il ricorrere quindi attualmente all'emissione di Giudizi di Notorietà, oltre ad essere ingiustificato dall'attuale normativa, porterà, se mantenuto, all'emissione di un numero infinito di Giudizi, sicuramente ripetitivi e privi di qualsiasi significato scientifico e normativo.
Nell'ambito di quanto riportato dal D.M. in questione, questo gruppo desidera anche sottolineare che si nota una posizione negativa in tutte quelle circostanze nelle quali una "nuova terapia venga proposta e testata." Questo sia per le nuove indicazioni che anche per le nuove molecole. In nessuna parte del D.M. viene infatti messa a fuoco la necessità organizzativa e soprattutto temporale riguardo a sperimentazioni di Fase I su volontari sani. Anche se questo tipo di indagini è numericamente diminuito negli ultimi anni, appare certamente inopportuno escludere le competenze e la capacità dei farmacologi clinici italiani da questo settore.
Circa i compiti attribuiti al Farmacologo, è anche da sottolineare la problematica riguardante la dichiarazione di un Giudizio di Notorietà nel caso di sperimentazioni multicentriche. Si ritiene che, in tal caso, sia di fondamentale importanza che il Farmacologo sia presente nella composizione del Comitato Etico che esprime tale giudizio, o che come previsto dal D.M.- sia stato almeno cooptato nella riunione che ha espresso tale giudizio. Qualora ciò non fosse, potrebbero sussistere le condizioni perchè il Farmacologo del Comitato Etico del centro chiamato a partecipare allo studio proponga che la sperimentazione venga rifiutata. E' opportuno ricordare che un Comitato Etico "accettore", in aderenza a quanto indicato nel D.M. e nella successiva circolare esplicativa, non può riesaminare un Giudizio di Notorietà già espresso, ma può solo accettarlo o rifiutarlo.
Questa proposta trae giustificazione sia dalla ritenuta indispensabilità di competenze farmacologiche in un Comitato Etico, sia per evitare che, con considerazioni e/o calcoli ben precisi vengano ad essere privilegiati, al fine di far approvare con maggiore facilità piani sperimentali non del tutto accettabili, Comitati Etici in cui sia assente la figura del Farmacologo. Risulta a questo gruppo di lavoro che sono attualmente operativi, specialmente a livello di IRC situati in piccoli centri, C.E in cui sono predominanti aspetti professionali a carattere giuridico, medico-legali e bioetico rispetto a figure medico professionali, compresa la figura del Farmacologo. A questo riguardo si ritiene lodevole, e si invita la SIF a farla propria, l'iniziativa di alcuni Comitati Etici di rendere obbligatoria, mediante inserimento nello Statuto o nel Regolamento, la presenza del Farmacologo, pena la non validità delle riunioni.
Un altro aspetto che questo gruppo di studio desidera sottolineare è il fatto che il D.M riguardante i Comitati Etici ha preso in considerazione soltanto la problematica riguardante la sperimentazione clinica di farmaci e non ha preso in considerazione le funzioni e i compiti di un Comitato Etico di Ospedale. Spesso in un Centro Ospedaliero (universitario o non) sorgono problemi farmacoterapeutici (per i quali il Farmacologo può portare utili indicazioni) di particolare gravità e delicatezza, quali l'uso compassionevole e/o l'uso una tantum (per terapie di "salvataggio") di farmaci registrati all'estero e/o registrati per altre indicazioni o per altre vie di somministrazione.
Sulla base di tutte queste considerazioni risulta evidente l'estrema delicatezza dei compiti richiesti al Farmacologo. Si ritiene quindi opportuno che la SIF effettui un censimento delle figure professionali a carattere farmacologico presenti nei vari Comitati Etici al fine, dopo avere stabilito alcuni requisiti minimi (come ad esempio laurea in medicina e/o esperienze sulla elaborazione e valutazione di protocolli di ricerche farmacologiche cliniche e/o partecipazioni a corsi specifici organizzati allo scopo dalla SIF; o altro) di certificare il curriculum ed elaborare una lista di esperti, cui dovrebbero attingere i vari comitati etici; non è assolutamente accettabile che la figura del Farmacologo venga ricoperta da un farmacista o da un clinico che ritiene di avere le competenze farmacologiche necessarie.

                                                     L. Caprino, D. Criscuolo, M. Eandi, C. Patrono, C. Sirtori

 


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